Affitti brevi a Milano: davvero “cannibalizzano” il mercato? I dati dicono il contrario

Negli ultimi anni si è parlato tanto – forse troppo – degli affitti brevi a Milano come se fossero il nemico numero uno del mercato immobiliare tradizionale. Ma è davvero così? A smontare questa convinzione arriva un report pubblicato da Aigab (Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi), citato anche dal Corriere della Sera, che fa chiarezza grazie a dati concreti provenienti da fonti ufficiali come ISTAT, AirDNA e Inside Airbnb.

Indice:

Quanto pesano davvero gli affitti brevi a Milano?

Partiamo dai numeri. Su un totale di 809.990 abitazioni presenti a Milano:

  • 183.227 sono locate con contratto 4+4 (il 22,6%)
  • 109.404 risultano non occupate (il 13,5%)
  • Gli immobili in affitto breve a luglio 2025 erano 14.916, ovvero:
  • Solo l’1,8% del totale delle abitazioni
  • Solo il 13,6% delle case sfitte

Insomma, altro che “monopolio”: gli affitti brevi a Milano rappresentano una fetta molto limitata del mercato.

Case in affitto breve? Non tutte sono attive tutto l’anno

Un altro dato interessante riguarda la reale disponibilità degli appartamenti. Come spiega Marco Celani, presidente di Aigab e AD di Italianway:

“Solo il 43% degli annunci è attivo stabilmente durante l’anno. Molte case sono online solo per periodi brevi, magari in coincidenza con eventi o vacanze”.

In pratica, dei quasi 15mila immobili online, solo 6-7mila vengono realmente affittati in modo continuativo. Secondo Inside Airbnb, gli annunci costantemente attivi negli ultimi 12 mesi sono 7.041 – appena lo 0,9% del totale delle abitazioni milanesi.

Un settore che genera valore, non problemi

A dispetto delle polemiche, gli affitti brevi a Milano generano un impatto economico significativo. In 12 anni hanno prodotto:

  • 473 milioni di euro in prenotazioni dirette
  • 1,89 miliardi di euro di indotto, così suddiviso:
  • 570 milioni in ristoranti
  • 513 milioni in shopping
  • 474 milioni in trasporti
  • 167 milioni in cultura
  • 56 milioni tramite agenzie di viaggio

Di tutto questo, ben il 74% resta in città, generando:

  • 294 milioni di euro in IVA
  • 54 milioni in cedolare secca

Entrate aggiuntive grazie all’imposta di soggiorno Altro che problema: il settore degli affitti brevi porta ricchezza e posti di lavoro.

Cosa sono, davvero, gli affitti brevi?

Secondo l’Agenzia delle Entrate, un contratto di locazione breve è un accordo tra privati per affittare una casa per un massimo di 30 giorni. Non serve avere una partita IVA, e possono essere inclusi servizi accessori come biancheria, pulizie, utenze, Wi-Fi, ecc.

In Italia, dal 2025, ogni immobile in affitto breve deve avere un Codice Identificativo Nazionale (CIN). A gennaio 2025:

  • Le strutture ricettive registrate erano 571.411
  • Di queste, 451.262 avevano già ottenuto il CIN (circa il 79%)

Un passo in avanti per garantire trasparenza e tracciabilità.

Un contributo al PIL italiano

Durante il Forum Refuture a Roma, Celani ha sottolineato che gli affitti brevi non solo aiutano le famiglie, ma contribuiscono direttamente al PIL:

  • 57 miliardi di euro nel 2023
  • 66 miliardi di euro nel 2024

Il mercato, secondo Celani, si autoregola. Le fluttuazioni tra domanda e offerta portano sempre a un nuovo equilibrio. Vietare o limitare drasticamente questo settore potrebbe creare più danni che benefici.

Demonizzare gli affitti brevi a Milano è fuori luogo

I dati parlano chiaro: il numero di immobili in affitto breve è contenuto e non rappresenta una minaccia per il mercato degli affitti a lungo termine. Anzi, gli affitti brevi a Milano creano occupazione, attraggono turisti e portano milioni di euro all’economia cittadina. Serve equilibrio, non allarmismo. E soprattutto, servono politiche basate su dati reali.

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